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Visualizzazione dei post da febbraio, 2009

SPECIAL ULTIMO

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Chi ama il calcio e tifa Inter non può che essere deluso della prima di Champions contro il Manchester United. Speravamo di vedere all’opera i nerazzurri, siamo stati sommersi dall’onda rossa degli inglesi. Una lezione di tattica, tecnica, in una parola di squadra. L’incredibile però sta nei commenti di oggi. Il senso generale è: “c’è ottimismo nel ritorno in Inghilterra, il risultato di 0 a 0 ci favorisce”. Ottimismo? Dove lo si trovi rimane un misero, vista la partita a senso unico a Milano. Per informazioni chiedere alla Roma due anni fa: andata 2-1 per i giallorossi, ritorno 7-1 per i Blues. Poi c’è la questione Mourinho, nemico da sempre di Alex Ferguson. All’uscita dal campo non si sono neppure salutati. Anche se lo Special One ha confessato che “il giorno prima della partita gli ho mandato una bottiglia di vino in albergo, una bottiglia da 300 sterline, e gli ho scritto: Arrivederci a Manchester”. Bel gesto, ma comunicare il prezzo è da “Special ultimo”!

IL GRANDE JABBAR

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Nel 1968 aveva rinunciato alle Olimpiadi per protesta contro il predominio bianco. Quarant’anni dopo si ritrova un nero alla guida del suo paese. Ne è passata di acqua sotto i ponti per la stella del basket, Kareem Abdul Jabbar. Quello del gancio cielo, quello a cui avevano vietato le schiacciate perché era troppo alto. Ma anche quello appassionato di storia, quello impegnato per i diritti civili. Alcuni giorni fa (17.02.2009) il Corsera gli ha dedicato una bella intervista. Archiviati i tanti record (38.387 punti in 20 stagioni), ora allena i giovani. Giovanotti alquanto viziati e bizzosi a sentir lui: “Pensano di sapere già tutto, sono insofferenti a qualsiasi osservazione. Saltano, schiacciano, e solo per questo credono di essere dei fenomeni. Poi, che la squadra perda di 20 punti, a loro non interessa”; “I giocatori guadagnano molto, e da subito, ma hanno perso la possibilità di imparare il gioco, e i suoi valori etici, in una situazione senza stress”. Jabbar sei un grande!

SENSO DI COLPA ARBITRALE

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Notevole la lezione di calcio che i brasiliani hanno dato ai campioni del mondo. Hanno fatto vedere che la tecnica ancora paga. Eccome, se paga. Tutto il mondo se n’è accorto. Tranne i nostri vertici del calcio. Che hanno sì riconosciuto lo strapotere verdeoro, ma un appunto all’arbitraggio lo hanno fatto. Impossibile che un italiano non parli di una giacchetta nera. È nel nostro dna. Quasi una malattia. Petrucci presidente del Coni ha detto: “Loro hanno meritato. Ma dobbiamo notare, a proposito di arbitri, che il gol di Grosso era regolare. Prendiamo atto ed accettiamo". È vero, la rete di Grosso era buona, ma è anche vero che la partita è stata a senso unico. O, come si diceva una volta, a porta unica. Perché stupirsi di questi vertici che stanno allo sport come il cavolo sta alla merenda. Difficile pretendere cultura sportiva se dall’alto non arrivano buoni esempi.

CONTRORDINE: LA SPAGNA NON E’ IL PARADISO

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Contrordine amici sportivi: la Spagna non è più quel paradiso calcistico che ci avevano raccontato. Altro che modello organizzativo di club e nazionale, riassunto nello slogan di mister Aragones, “liga de las estrellas”. Tutta falso: gli iberici stanno soccombendo dai debiti. La cifra è astronomica: 627 milioni di euro, più 4,9 milioni alla previdenza. Valencia, Saragozza, Santander e Bilbao sono in bancarotta tecnica, Real Sociedad, Espanol e Villareal sono al limite dell’indebitamento. Una debacle a cielo aperto, acuita da ben 233 denuncie di calciatori che non percepiscono lo stipendio pattuito. Insomma, la patria di Zapatero è di fronte a un crac di proporzioni immani, dovuta a una “eccessiva sproporzione fra guadagni e spese”, ha detto un esperto spagnolo. Chissà cosa stanno pensando a Madrid, sponda Real, il cui sogno nel cassetto rimane Kakà. Per tranquillizzare il fisco il Presidente Florentino Perez alla domanda avrebbe già risposto “Kakà chi?”.

UN CALCIO AL DOPING

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Il calcio è sempre stato allergico all’antidoping. In realtà tutti gli sport lo sono sempre stati. Il calcio, è innegabile, di più. Forse perché gli zeri degli assegni sono maggiori. Fatto sta che giocatori presi col nandrolone si sono fatti pochi mesi di squalifica. In questi giorni, però, siamo all’assurdo. Due giocatori (Possanzini e Mannini) si presentano in ritardo agli esami, si beccano un anno senza calcio. Il ritardo è dovuto alla sfuriata negli spogliatoi di Cosmi e Corioni per la sconfitta con il Chievo. Ma tutto questo ha una logica? Si va dalla follia di un ciclista belga, Van Linden, che si ritrova a casa un controllo a sorpresa, a poche ore dalla morte del figlio di pochi mesi; a due giocatori in ritardo di una ventina di minuti squalificati d’un anno. Mi chiedo: ma se in ritardo ci fossero finiti un Totti, un Cristiano Ronaldo o un Ibrahimovic, le cose sarebbero andate così? Non penso, quelli oltre che calciatori sono aziende.