Il caso Pantani

Pubblicato su Romagna Gazzette, Dicembre 2017


Raccontava Davide Cassani come ancora oggi il nome di Pantani riservi emozioni e talvolta lacrime al solo nominarlo per la sua vicenda umana e sportiva. Una storia che inquieta e subito fa pensare alla fugacità della vita, al suo strano girotondo di alti e bassi nel giro di così pochi anni. Nel caso del ciclista di Cesenatico, appena sei: dalle vette conquistate a Giro e Tour (1998), agli abissi della solitudine nel 2004. Tante sono le pubblicazioni sul Pirata, dalle strettamente sportive e memorialistiche, alle cronachistiche e giudiziarie, da riempire un intero scaffale di biblioteca, in genere pressoché sgombro alla voce “sport”. 

La babele si aggiunge di un ulteriore volume, “Il caso Pantani. Doveva morire” (Chiarelettere, 2017), scritto dal criminologo Luca Steffenoni. Il libro non dà risposte ma pone interrogativi (tanti) ripercorrendo un percorso di vita contrassegnato da salite, discese e cadute, così come i capitoli del volume. Tutto nasce dalle rivelazioni del criminale Renato Vallanzasca, secondo il quale “mandante” del fermo sportivo precauzionale del campione a Madonna di Campiglio del 1999, fosse la camorra per un giro di scommesse clandestine di circa 200 miliardi di lire. In un Giro d’Italia praticamente in cassaforte, dominato in lungo e in largo da Pantani, la sospensione per un livello di ematocrito (non doping) superiore al consentito sarebbe stata ordita da un complotto in gande stile e a più livelli. Fantascienza? Neanche tanto, visto che la tesi è stata fatta propria dal Tribunale di Forlì tornato su quegli eventi. 

Le incongruenze su quegli esami in effetti furono tante. Tre hanno del clamoroso: la non scelta della provetta, il non prelievo di un ulteriore campione di sangue per le eventuali controanalisi, il livello di ematocrito nella norma sia la sera prima sia dopo il prelievo la mattina a Madonna di Campiglio. Poi c’è la questione degli ultimi giorni. E anche qui l’autore pone più di un dubbio sul suicidio, avvenuto in maniera alquanto insolita nelle modalità, il soffocamento da cocaina via bocca. Tutto ciò porta Steffenoni a sostenere che “Pantani forse doveva morire, perché rappresentava una spina nel fianco non solo di chi aveva commesso l’illecito di Madonna di Campiglio, ma anche per i tanti che con la camorra in quegli anni avevano fatto affari”. Una verità assoluta difficilmente sarà mai accertata, anche per le oggettive difficoltà degli anni trascorsi, restano le gesta del campione che mai nessun tribunale e fatto di cronaca potranno cancellare. 

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