Dallo scudetto ad Auschwitz


"Dallo scudetto ad Auschwitz", Romagna Gazzette Marzo 2018



Due cose stupiscono della vicenda di Arpad Weisz. La prima: il repentino passaggio dalle stelle del successo calcistico all’inferno di un campo di concentramento ad Auschwitz, quattro anni in tutto. Secondo: l’oblio sul suo nome. Malgrado tre scudetti con due squadre diverse (Inter e Bologna), allenatore più giovane a vincere il titolo italiano, il suo nome è finito pressoché nel dimenticatoio. “Mi sembra si chiamasse Weisz, era molto bravo ma anche ebreo e chi sa come è finito”, scrisse Enzo Biagi, ammettendo di non sapere che fine avesse fatto uno degli allenatori di punta del calcio italiano anni Trenta. A riportarlo d’attualità ci ha pensato il giornalista Matteo Marani autore di un volume di successo, “Dallo scudetto ad Auschwitz”, dove ha seguito passo dopo passo l’incredibile vicenda di colui che lanciò nel grande calcio il giovanissimo Meazza.

Due le ragioni che hanno portato Marani sulle tracce di Weisz: la passione per la storia, materia troppo spesso dimenticata nello sport; il comune legame con Bologna, compagine con cui l'allenatore ebreo vinse due scudetti (dal 1935 al 1937), rompendo il dominio juventino di cinque scudetti consecutivi. Ma è proprio la vicenda bolognese a restare una delle pagine più buie della nostra storia, non solo sportiva. 

Siamo nel 1938, in Italia vengono approvate le leggi razziali, neanche il mondo dello sport ne è esente. Per dirne una, il Coni si trasforma in un ente per “il miglioramento fisico e morale della razza”, così la legge. Weisz è ebreo, decide di dare le dimissioni dopo cinque giornate di campionato, dopo avere rifilato due reti alla Lazio. È il 16 ottobre 1938, data della sua ultima partita da allenatore nel nostro paese. L’aria in Italia si fa sempre più irrespirabile per gli ebrei, e così insieme alla sua famiglia decide di lasciare il nostro Paese per approdare in Francia. Non dura a lungo, passa in Olanda dove allena il piccolo Dordrecht. Tira avanti fino al settembre del 1941 quando i nazisti vietano agli ebrei di frequentare gli stadi. Viene arrestato nell’agosto del 1942, per finire i suoi giorni ad Auschwitz, dove muore il 31 gennaio del 1944. 

Di lui rimane il ricordo di primo allenatore a vincere il campionato a girone unico alla guida dell’Inter (1929-30), e un celebre manuale di tattica, “Il giuoco del calcio”, scritto a due mani, insieme al dirigente dell’Inter Aldo Molinari, con prefazione di Vittorio Pozzo, l’allenatore dei due successi mundial. La memoria si era dimenticata di lui, la storia per fortuna no.

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