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Sognando Paolo Rossi

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Pubblicato su Romagna Gazzette, settembre 2017 Ci sono date e momenti che rimangono scolpiti nelle parti più intime di noi. Sono parte del nostro essere, tanto quanto il nostro Dna. In molti casi coincidono con eventi epocali sportivi. Riti di condivisione di massa, molto spesso anche solo strettamente personali come ha raccontato Nick Hornby nel celebre “Febbre 90”. Un momento certamente di condivisione collettiva è stato il mondiale del 1982. Quello del Paolo Rossi che all’inizio non ne faceva una buona neanche con la benedizione congiunta di Papa-Buddha-Maometto, quello che improvvisamente trasformava in oro (cioè gol) tutto ciò che toccava. Racconta bene cosa è stato quel Mondiale lo scrittore Maurizio Malavasi nel romanzo “ Sognando Paolo Rossi ” (Ultra editore). Un racconto ben fatto che si legge tutto d’un fiato, immersione nel clima di euforia di un avvenimento destinato a passare alla storia. Tutti ricordano dove erano il 5 luglio di quell’anno, quando Paolo Ro

Il calcio totale di Sacchi

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Romagna Gazzette, luglio 2017 Su Arrigo Sacchi, il più grande rivoluzionario della storia del calcio italiano, si è scritto di tutto di più. Probabilmente poco si è scandagliato sulla sua romagnolità. O meglio, sul nesso tra la sua idea di gioco e la terra dove è nato, cresciuto e tuttora vive. Una mano in questa direzione ce la dà la sua autobiografia raccontata insieme a Guido Conti , “ Calcio totale ”, uscita da Mondadori due anni fa, ripubblicata da poco in versione economica negli Oscar. Sacchi dice di essere “nato con una doppia anima, una lombarda e una romagnola. Quella lombarda mi viene da mio padre, con il senso del lavorare duro, del sacrificio, dell’impegno e della perfezione per ottenere risultati. L’anima romagnola, sognatrice ed energica, viene da mia madre Lucia, e affonda le radici nella terra”. E’ evidente che il calcio del tecnico di Fusignano si è più nutrito di organizzazione e metodo, anziché di sogno, tant’è che in un altro passaggio del libro scrive che

Verona campione: ma davvero?

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Romagna Gazzette, giugno 2017 Ci sono fatti che ancora oggi non si spiega come siano potuti accadere. Ufo sbarcati sulla terra che non si capisce la loro provenienza né il loro sistema solare. L’unica certezza è il luogo di atterraggio della navicella e il periodo della loro permanenza, lunga il sogno di una stagione. L’astronave è il Verona calcio, l’aeroporto lo stadio Bentegodi, l’anno di grazia il campionato 1984-85. “Signori, vi rendete conto che questo Verona può vincere il campionato?”, chiedeva ai lettori Candido Cannavò a metà stagione sulla Gazzetta dello Sport. Ma no, dai è una burla, una Candid camera scanzonata, uno Scherzi a parte ante litteram. Possibile che una squadra costruita con parte degli scarti di altri possa vincere quello che in quegli anni era il campionato più bello del mondo? E invece è avvenuto proprio così, sembra strano “ Ma è successo davvero ”, come titola il volume di Furio Zara edito da Ultra sport. La data dell’incoronazione è il 12 maggio 198

La rivoluzione di Cruyff

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Romagna Gazzette, Aprile 2017 C’è chi la rivoluzione l’ha fatta in campo, palla al piede, idee al seguito. E chi seduto su una panchina, lavagna d’ordinanza, filosofia di collettivo. Poche volte la stessa persona è riuscita a fare entrambe le cose. Prendiamo Maradona e Pelè: fenomeni in campo, ma solo lì. Prendiamo Sacchi: rivoluzionario sì come mister, ma più che un calciatore è stato un calzolaio (Fusignano un tempo eccelleva in questo). Oppure prendiamo Beckenbauer, grande in campo e vincitore in panchina, però tutt’altro che rivoluzionario, anzi persino conservatore a guardar la pochezza di gioco della sua Germania vincitrice al Mondiale del ’90. Uno dei pochissimi innovatori in tutto è stato Johan Cruyff, “l’unico che rimanendo borghese ha fatto la rivoluzione due volte, in campo e in panchina, come calciatore e come tecnico, con i piedi e con la testa” (Federico Buffa e Carlo Pizzigoni). È passato un anno dalla sua scomparsa, le sue idee sono rimaste, così come la sua vi

Il mio primo ebook con Conan Doyle

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Difficilmente dimenticherò “ Uno studio in rosso ” (Einaudi) di Conan Doyle . Non tanto e non solo perché si tratta del primo romanzo che ha per protagonisti Sherlock Holmes e il suo fido medico Watson. Bensì perché è il primo romanzo che leggo su un ebook , il Kindle per la precisione. Esperienza unica, non c’è che dire: a parte una certa imbranataggine all’inizio, ho apprezzato la praticità di questa lettura che consente anche di sottolineare parti di testo e non affatica l’occhio. Un bell’inizio che non poteva trovare miglior battesimo con un romanzo di Doyle. “Nella matassa incolore della vita, corre il filo rosso del delitto, e il nostro compito consiste nel dipanarlo, nell’isolarlo, nel metterlo in luce istante dopo istante”, dice Holmes. Che al di là del riferimento al color rosso, che dà il titolo a questo romanzo, in quelle poche righe spiega la sua missione nella società inglese: risolvere enigmi, laddove la polizia non arriva, attraverso l’arma della deduzione scientifica. C

Il lupo di Baldini

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La montagna con i suoi ritmi, le sue tradizioni, la sua fauna. Un periodo storico, gli anni ’50, in subbuglio per i moti di piazza e le repressioni del ministro Scelba. “ Come il lupo ” (Einaudi, 2005, pp. 236) di Eraldo Baldini , ricorda alcuni romanzi di Loriano Macchiavelli, col suo commissario Santovito. Tanti i punti di contatto tra il bolognese d’adozione e Nazario Minghetti commissario del Corpo Forestale di Baldini: la divisa, il passato da ex partigiani, l’Appennino tra Toscana ed Emilia-Romagna, il carattere chiuso dei montanari segnati dall’isolamento e il duro lavoro, il forte legame con un passato (prossimo e remoto) che non passa, e soprattutto la forza di consuetudini tradizioni culturali insite nel Dna della gente. Ed è proprio il fil rouge del passato l’aspetto più significativo nel romanzo dello scrittore ravennate, non più concentrato sulla storia in stile noir nel genere che l’ha fatto conoscere al pubblico col suo gotico rurale, ma sulle leggende e l’antropologia

Il delitto di nozze

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È impietoso il ritratto della Milano di Lucia Tilde Ingrosso, nel noir “ A nozze col delitto ” (Kowalsky, 2007). Non tanto perché scava nei classici bassifondi del malaffare in stile Scerbanenco, bensì nella cosiddetta Milano bene, reduce dall’euforia yuppista degli anni Ottanta e oggi alle prese con una selva di rapporti umani liquidi. Nell’omicidio del bravo ragazzo, Vittorio Aldobrandi, c’è lo scoperchiamento di una doppiezza di vita da far paura: la promessa sposa Ludovica Malinverni che vive un’altra storia d’amore sin alla vigilia dell’altare; il nullafacente col vizio del gioco d’azzardo; la giovane e procace innamorata pazza di Vittorio ma soprattutto della sua posizione sociale… Insomma, un sottobosco di relazioni prive della loro autenticità, unite per lo più dall’interesse. In questo contesto indaga il giovane commissario Sebastiano Rizzo, tutto lavoro, vizio del fumo, e la sola passione per il footing e l’Inter. Classico personaggio positivo con pochi difetti, decisament

Borgorosso

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“I tifosi sono delle bestie, una cosa disgustosa”. Benito Fornaciari, bibliotecario vaticano, abituato a prelati e modi affettati, era tutto tranne che un appassionato di pallone. La periferia della Romagna col suo bar sport, il barbiere dove si legge e commenta il giornale sportivo, la campagna coi suoi riti, il parroco che accorcia la messa per la trasferta, l’allenamento a spalare il fieno, non erano il suo mondo. Eppure anch’egli ne finisce conquistato e manda in rovina l’azienda pur di avere Omar Sivori. “Il Presidente del Borgorosso Football club ” (1970, regia di Luigi Filippo D’Amico) è uno dei film più celebri sul pallone, magistralmente interpretato dall’Albertone italiano, Sordi. È il clima da strapaese a dominare. E il film, più che profetico, visto con gli occhi di oggi, è lo specchio di un passaggio epocale: dalle piccole comunità locali che si ritrovavano intorno alla squadra, il calcio si è spostato al villaggio globale di Sky. E agli spalti del Borgorosso sono subentra

Quei delitti che ingannano

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Mentre in Italia prendeva forma l’unità della nazione, dall’altra parte del mondo aveva inizio una guerra civile destinata a dividere un popolo, quello americano. Il titolo del romanzo di Anne Perry (nella foto), “ Delitti tra Nord e Sud ” (I Classici del Gialli Mondadori n. 944), allude a quell’evento storico. E come buon romanzo giallo che si rispetti, inganna il lettore. Perché la guerra civile tra schiavisti e non, ha sì la sua importanza, ma rimane sullo sfondo. Prima ancora viene l’Inghilterra, teatro al centro della storia che vede per protagonista gli affezionati investigatori della scrittrice, Monk e Hester. Uno strano ricatto, una contesa vendita di fucili agli eserciti americani in guerra, l’omicidio del mercante d’armi Daniel Alberton, l’eterna sete del denaro. È brava la Perry a dosare nel giusto modo gli ingredienti della suspance e tenere incollato il lettore fino all’ultima pagina. D’altronde non abbiamo di fronte una delle maestre del genere?

Al Ristorante? Sì, ma prima è meglio prenotare

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Partiamo da un dato di fatto: di libri di cucina ormai il panorama editoriale è pieno. Aggiungiamo una seconda constatazione: in genere si tratta di volumi con stellette, bicchieri, acini, insomma con metri di giudizio soggettivi destinati a essere condivisi o meno. In tutto ciò non c’è nulla di male, per carità. Se infatti è vero che uno dei tratti caratteristici del “made in Italy” è la nostra tradizione gastronomica, l’editoria non può fare altro che adeguarsi. Così come non c’è nulla di scandaloso nel punteggio (disinteressato) di un esperto, a un ristorante o a un vino. Gli unici limiti in questo modo di procedere stanno (molto spesso) nel produrre dei testi a “scheda”: valutazioni e descrizioni tecniche prevalgono su tutto il resto, lasciando in subordine storie e racconti dei protagonisti. Ovvero di coloro che lavorano sul campo, e danno anima e corpo a quel piatto e a quel vino.